Gregori: "In piazza per ribadire che i ddl sull'omotransbofia non sono necessari e sono altamente pericolosi per la sicurezza del singolo!"

14.07.2020

Carissimi cittadini, Carissimi amici,

Giovedì 16 luglio, alle ore 20, ci troveremo riuniti nella meravigliosa Piazza Fratti per opporci in modo pacifico, ad una proposta di legge, ormai conosciuta come il disegno legge sull'omotransfobia. Oggi il senso di questa battaglia, racchiuso nel semplice slogan «Restiamo liberi!», deve diventare il vero carburante per alimentare un giusto dibattito sulla questione; poiché, se non si ricorre ad un dialogo costruttivo, si cade con presunzione, nel così detto «Imbavagliamento degli avversari», metodologia sempre più usata da una parte dei politici italiani (naturalmente di sinistra), che non avendo chiarezza nel cervello, preferiscono mettere a tacere coloro che chiarezza ne hanno, dimostrando molte volte quanto sia importante essere coerenti con i cittadini.

Però, se mi è permesso, vorrei far mio in questa battaglia, lo slogan che accompagna la lotta in ricordo di Marco Vannini, «Non in mio nome». Questo non perché, non voglio che siano rispettati i diritti dell'uomo, della persona; ma perché non voglio proseguire, nel senso di marcia, che i nostri governanti da ormai 5/10 anni hanno scelto. Un senso di marcia basato solo ed esclusivamente sul cosiddetto «Pensiero unico», frutto di un moderno pensiero massonico/lobbistico, che ha come unico precetto, quello di distruggere i principi tradizionali dello stato, che sicuramente, si rifanno ai principi della cristianità, caposaldo della storia europea ed italiana.

Non si può tacere dinanzi ad una vera ideologia di odio tanto vasta e spaventosamente operante, dinanzi alla cristianofobia che esiste in Italia, in Europa e nel mondo.
E questo disegno legge ne è proprio la prova, poiché attraverso esso, l'ordine mondiale massonico/lobbistico, vuole imbavagliare coloro che, esponendo democraticamente le proprie idee, gli mette i bastoni fra le ruote, rallentando o distruggendo il loro piano di conquista!

Nel mondo, coloro che la pensano diversamente dalla massa imbambolata, sono la minoranza più perseguitata e chi non denuncia tale attentato continuo alla loro vita nega di fatto il suo schierarsi come persona preoccupata dei diritti umani.

In Europa e in Italia esiste un'intolleranza verbale e di pensiero contro i cristiani che è allarmante, e grazie a questa pandemia, lo abbiamo certamente visto.

Sui social si assiste al palesarsi costante di un vero e proprio "godimento" nell'irridere all'Amico invisibile dei cristiani, all'inesistenza storica di Cristo, alla condanna dei diversamente pensanti, etichettati erroneamente come i «Tradizionalisti» o i «Medievali».

Lo strano è che coloro che sempre ci irridono, pretendono poi di essere le vittime dei nostri attacchi.

Il problema viene etichettato come questione dei radical chic, cioè di quelli che si dichiarano radicals, ma hanno poi professioni del ceto intellettuale medio che governa le idee e il pensiero.

Sarebbe più corretto definirlo la questione dei radical non radical.
I radical non radical sono quelli che sono radical solo in alcuni ambiti.

Tipico caso è proprio la cristianofobia. Un radical non radical parlerà di islamofobia e di omofobia, ma mai di cristianofobia.

Se solo ne parlasse, uscirebbe dal novero dei radical non radical.
Se solo ne parlasse, porterebbe via voti alla sinistra.
Preferisce che la sinistra vinca, piuttosto che schierarsi dalla parte dei veri perseguitati.

Il radical non radical non si accorge nemmeno che sarebbe un vero radical se difendesse un islamico aperto all'omosessualità o un'omosessuale disposto a convertirsi all'islam.

Il radical non radical accusa invece i "razzisti" di non essere aperti all'islam e all'omosessualità, mentre non lo sfiora nemmeno l'idea che potrebbero essere quelle due realtà ad essere incompatibili fra loro, a motivo di "fobie" reciproche.

Il radical non radical predica il rispetto per ogni pensiero e per ogni religione, tranne che per i cristiani e per chi ha un pensiero diverso da quello unico.

Il radical non radical non può mancare di offenderci in ogni suo scritto. In ogni suo scritto, ci deve stare almeno una tirata, per quanto breve, anti-cristiana, anti-tradizionalista.

Mi tocca ricordare a chi ci contesta che la tanto laicità che loro pretendo, e la fede cristiana sono due facce della stessa medaglia.

Il radical non radical sa che dove fiorisce il cristianesimo fiorisce anche la laicità e dove fiorisce la laicità fiorisce il cristianesimo.

Il radical non radical si vuole, invece, distinguere dai perseguitati cristiani nel mondo che sono invece lievito e fermento culturale nelle diverse nazioni in cui vengono perseguitati, come fermento di vera laicità nel mondo.

Per il radical non radical il cristianesimo non è fermento. Egli sogna un mondo senza cristiani, dove sussistano tutte le religioni, ma non il cristianesimo. Per lui i cristiani sono la feccia del mondo e la loro persecuzione non merita nemmeno che si faccia il loro nome.

I radical non radical preferiscono il politicamente corretto. Preferiscono che si affermi "in generale" che non ci deve essere intolleranza religiosa. Essi denunciano solo l'intolleranza passata da parte dei cristiani e da chi pensa diversamente da loro, mai quella passata e presente contro i cristiani, che sono invece ieri e oggi fra i perseguitati.

Ciò rende i radical non radical sempre più insignificanti non solo dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista della ricerca storica.

Infatti, la ricerca storica si sta aprendo a comprendere che sono esistiti ed esistono un'intolleranza, un colonialismo, uno schiavismo, che sono stati e sono di religioni diverse dal cristianesimo a danno dei cristiani e/o di altre minoranze.

La storiografia si è dovuta abituare nel corso dei secoli a parlare solo dei torti dei cristiani, poiché chi la governa sono coloro che vogliono cancellare gli oppositori che non accettano il pensiero unico. Tuttavia, oggi sta scoprendo che un'infinità di torti sono stati commessi da chi la comanda.

Ma il radical non radical non può dichiararlo. Egli non usa mai la parola colonizzatore, schiavista, intollerante, per religioni diverse dal cristianesimo o per regimi e pensieri della loro corrente.

Solo noi siamo stati, per il radical non radical, schiavisti, colonizzatori, intolleranti.

Per Marx la religione era l'oppio dei popoli. Il radical non radical non crede più a Marx. Oggi, per il radical non radical, tutte le religioni sono parte della cultura propria di ogni etnia e perciò da rispettare senza che mai si possa dire che potrebbero essere nemmeno lontanamente oppio. Solo il cattolicesimo è oppio dei popoli.

Noi abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere perdono delle nostre colpe storiche.

Questo fatto è uno degli atteggiamenti che caratterizza la cultura dell'Europa, fecondata dal cristianesimo e dalla tradizione.

Nessun'altra cultura o religione ha mai ammesso i proprio genocidi, le proprie guerre di conquista, i propri massacri, le proprie razzie.

Ma il radical non radical non si preoccupa di aiutare le altre culture e le altre religioni a fare questo, a riconoscere le proprie colpe. Lo ha fatto con il cristianesimo, ma ritiene ora che non sia giusto farlo con le altre culture.

Giovedì saremo in piazza per dire che questa proposta di modifica normativa non è necessaria ed è assolutamente pericolosa perché limita le libertà costituzionali dei cittadini.

Essa non è necessaria, poiché il nostro codice penale dispone già degli strumenti necessari per garantire in ogni situazione il rispetto della persona.

Pericolosa, poiché c'è il rischio concreto che queste proposte si traducano in confusione normativa e possibilità di nuove discriminazioni verso coloro che non si allineano al cosiddetto "pensiero unico". Quindi, con l'obiettivo di porre rimedio a un'ingiustizia, si rischia di innescarne di nuove, altrettanto gravi e odiose.

Il primo punto messo in luce da tutti i ddl in materia di omotransfobia, è quello del vuoto normativo. Indispensabile, si dice, varare una nuova normativa che, si spiega nel ddl di cui è primo firmatario Alessandro Zan (Pd) prevede un allargamento della cosiddetta legge Mancino con l'obiettivo "di estendere le sanzioni già individuate per i reati qualificati dalla discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi anche alle fattispecie connesse all'omofobia e alla transfobia".

Ma carissimi, è davvero necessario? Il nostro codice già prevede sanzioni proporzionate alla gravità del reato per i delitti contro la vita (art. 575 e ss. cod. pen.), contro l'incolumità personale (art. 581 ss. cod. pen.), i delitti contro l'onore, come la diffamazione (art. 595 cod. pen.), i delitti contro la personalità individuale (art. 600 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà personale, come il sequestro di persona (art. 605 cod. pen.) o la violenza sessuale (art. 609 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà morale, come la violenza privata (art. 610 cod. pen.), la minaccia (art. 612 cod. pen.) e gli atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.).

Ma c'è un altro assioma, presente in tutti i ddl, che sembra ampiamente discutibile, quello dell'emergenza omofobica, dato che, secondo i dati diffusi dal ministero degli Interni, negli ultimi otto anni, i reati riferibili all'orientamento sessuale e all'identità di genere, sarebbero solo 212, in media 26,5 ogni anno.

Condizionale d'obbligo viste le considerazioni che arrivano dai sostenitori dei vari ddl, secondo cui proprio la mancanza di norme specifiche impedisce la classificazione dei reati. E anche su questo gli esperti di diritto penale sono discordi.

Come altrettanto complesso appare districare la complessa questione legata ai contenuti di espressioni come "identità di genere" e "orientamento sessuale". Sull'orientamento sessuale e, soprattutto sull'identità di genere ci troviamo a confrontarci con concetti tutt'altro che definiti in modo stabile e univoco. Quanto è opportuno allora inserire in una legge penale - che per sua natura ha necessità di riferimenti certi - concetti di cui psicologia e antropologia dibattono da decenni senza arrivare a un piattaforma concettuale definita? Il rischio è effettivamente elevato.

Ci sono anche studiosi della stessa area lgbt secondo cui il triplice riferimento all'orientamento, all'identità e al ruolo non possono esaurire la complessità della sfera sessuale e, soprattutto, il suo rapporto con la realtà sociale e culturale.

Possibile allora che l'obiettivo di sanzionare le discriminazioni basate su concetti fluttuanti come identità di genere e orientamento sessuale finiscano per punire, oltre che i fatti concreti, le legittime opinioni di chi non si allinea al cosiddetto "pensiero unico"?

Per essere più chiari: sostenere, per esempio, che le unioni omosessuali sono scelta ontologicamente e biologicamente diversa rispetto al matrimonio fondato sul matrimonio tra uomo e donna, potrebbe diventare opinione sanzionabile? E sottolineare che la tesi della "nessuna differenza" tra gli esiti psicologici-esistenziali mostrati dai figli che vivono all'interno di famiglie gay rispetto a quelli che vivono e crescono con i propri genitori biologici, eterosessuali, è sbagliata, potrà diventare atto d'accusa?

I sostenitori dei ddl in discussione alla Commissione Giustizia della Camera escludono queste derive.

Purtroppo nei Paesi dove legislazioni simili a quelle che si vorrebbero adottare anche in Italia sono già vigenti, i giudici si sono mossi in modo diverso.

In Spagna, ad esempio, il 6 febbraio 2014, il cardinale Fernando Sebastián Aguilar, arcivescovo emerito di Pamplona, è stato iscritto nel registro degli indagati per "omofobia" per aver rilasciato un'intervista pubblicata sul quotidiano di Malaga, "Diario Sur", nel corso della quale, sulla premessa che la sessualità è orientata alla procreazione, faceva presente che all'interno di una relazione omosessuale tale finalità era preclusa.

Perciò cari amici e cari cittadini, non dobbiamo permettere che queste proposte diventino legge, poiché, da quel momento in poi, ci troveremo privati delle nostre libertà costituzionali.

Non dobbiamo far prevalere il pensiero unico, che ha il compito di seppellire la libertà di pensiero.

Non dobbiamo aver timore di combattere con le parole e i gesti questo pensiero e quanti ci obbligano a sottostargli, poiché sempre la verità ci renderà liberi.

Non dobbiamo far andare avanti questo governo, e queste lobby di potere, che stanno diventando sempre più una vera e propria dittatura moderna, nella quale chi pensa o dice cose diverse dall'unico pensiero, deve essere azzittito e annientato.

Grazie mille per l'attenzione e viva la libertà!

Gregori Manuel

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